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Nelle giornate di noia, quando penso che vorrei scappare dalla mediocrità di questo Paese, ragiono sul significato della parola Creatività. Oggi voglio partire proprio da questo: voglio raccontarvi un’esperienza personale, che sto vivendo da pochi mesi e che ha molto a che fare con la creatività. La Radio.

Quasi tutte le università italiane ne hanno una e prima che io stessa mi avvicinassi a questo mondo, non pensavo potesse essere così stimolante e interessante. E’ un lavoro di ricerca, di passione. E’ un po’ come aprire la finestra su tanti modi di vedere il mondo, di concepire la realtà universitaria.

La radio dell’ateneo di parma si chiama RadiorEvolution.  Al mio programma ho dato un nome un po’ insolito. Si chiama “Genetica delle popolazioni”. 

La genetica delle popolazioni è una branca della genetica e una temutissima materia universitaria.

A RadiorEvolution, invece, rappresenta racconti. E’ una rubrica di minuti variabili, che sta in una pausa pranzo o in qualsiasi altro momento della giornata in cui non si ha qualcosa di molto impegnativo da fare. E’ un appuntamento che racconta storie, fotografie, parole, lacrime, mani, piedi, persone, risate, grida, rabbia, strade, piazze, volti, sorrisi, curiosità e vicende che arrivano da ogni parte del globo.

Ho pensato potesse essere interessante per me raccogliere notizie da ogni angolo di mondo, che passano anche dalla rete e soprattutto dai blog. Poi, come un pasticcere, ho deciso di impastarle e di presentarle ad un pubblico che, senza impegno, avesse voglia di sapere che cosa succede in un qualsiasi quartiere del pianeta, magari molto lontano da dove sono io. Notizie a volte belle, altre volte malinconiche,  ma forse necessarie.

Ad accompagnare le storie, tanta musica dal mondo, che tocca diversi universi artistici. Ho immaginato il mio programma come al vagone di un treno d’altri tempi: silenzioso ma pieno di rumore e accogliente. Desidero che questo spazio racconti l’intimità del mondo con uno sguardo aperto sugli eventi, che probabilmente non conosciamo perché troppo lontani. Perché quando non è possibile muoversi, è necessario andare a conoscere. E’ necessario spostarsi, con la testa.

P.S. In un articolo che parla di Radio non si può non citare la meravigliosa Radio Aut, lo spazio radiofonico che fu di Peppino Impastato.

 


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