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Su un campione di 90 mila diplomati del 2013, 2011 e 2009 intervistati a uno, tre e cinque anni dal diploma, l’ultima indagine di Almalaurea ha mostrato che solo il 65% degli studenti si è iscritto all’università: si tratta in maggior percentuale di liceali (76%); seguono i diplomati tecnici e infine professionali. Di questa non molto nutrita schiera, ben il 18% demorde poco dopo l’iscrizione e anche chi prosegue nel percorso manifesta entro i primi tre anni l’intenzione di cambiare corso di studi o addirittura ateneo, spesso trascinandosi le conseguenze di una scelta affrettata e poco ponderata effettuata al termine degli studi superiori.

Orientamento post-diploma

Tralasciando i dati statistici e guardando alla quotidianità del confronto fra colleghi e coetanei, ci si rende presto conto che non molti di noi hanno ricevuto durante la scuola superiore, liceo o istituto tecnico o professionale che fosse, un adeguato orientamento in vista di un eventuale proseguimento degli studi in ambito accademico. Spesso ci si è fatti un’idea piuttosto labile navigando in rete, consultando i siti degli atenei e i piani didattici dei vari corsi di laurea, affidandosi alle esperienze e ai racconti di ragazzi già iscritti; i più fortunati hanno ricevuto qualche indicazione dai loro docenti sulla base delle attitudini mostrate e hanno partecipato agli open days programmati dalle facoltà per presentare la propria offerta formativa. Insomma, potremmo trarre la conclusione che, se un’esigua maggioranza decide effettivamente di compiere il passo –ardito quanto spesso incosciente- verso l’iscrizione all’università e se il malcontento e l’insoddisfazione per la propria scelta si palesano precocemente e altrettanto largamente, parte della responsabilità è da attribuire a un sistema di informazione e orientamento poco efficiente a livello capillare nelle scuole, non organico né omogeneo, in molti casi sottovalutato e affidato con leggerezza ai docenti.

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Delusione e frustrazione: i motivi per cui si getta la spugna

A quanto emerge dall’indagine, l’abbandono in corso d’opera del proprio percorso di studi è un fenomeno che coinvolge anche coloro che avevano affrontato la scelta dell’iscrizione con entusiasmo e convinzione, derivati magari da un adeguato preliminare orientamento. È forse questo l’aspetto più inquietante e avvilente della faccenda rispetto al fatto che non sia schiacciante la maggioranza degli iscritti all’università dopo il diploma o al dato per cui essa sia costituita in prevalenza dai liceali, aspetti che non si dovrebbero giudicare tout court negativamente. Infatti, benchè a qualcuno possa suonare un po’ anacronistico, la riforma Gentile che ha fondato le basi dell’attuale sistema scolastico italiano prevedeva esplicitamente che i licei fornissero una preparazione finalizzata al proseguimento degli studi in ambito accademico; inoltre, un afflusso più cospicuo di studenti orientato alla formazione universitaria metterebbe ulteriormente in crisi atenei e facoltà già di per sé sovraffollati al punto che la maggior parte di essi ha optato per il sistema degli accessi a numero chiuso con l’adozione dei discussi e odiati test. È più allarmante, invece, che l’università italiana sia in grado in molti casi di avvilire le aspettative dei suoi studenti, scoraggiati dalla mancanza di risorse, dall’inadempienza dei docenti, dall’inefficienza dei servizi, dall’insufficienza della didattica, dal serpeggiare di favoritismi che frustrano ogni illusione di una possibile meritocrazia. È chiaro che tutto ciò ha una presa maggiore sugli studenti meno convinti della loro scelta, ma è vero anche che non possiamo non chiederci se sia giusto che l’istituzione accademica non si faccia carico di assistere e motivare coloro che vedono nell’abbandono degli studi l’unica via d’uscita, non a fronte di mancanza di volontà o di pigrizia -ragioni per le quali è doveroso che si lasci spazio a persone più meritevoli e in gamba- ma a causa di un impatto disorientante e deludente con il mondo esterno all’ovattato ambiente scolastico che non tutti affrontano con la corazza resistente che la scuola stessa dovrebbe aiutarci a costruire.

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