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Mi sono da poco resa conto del fatto che non in tutte le Facoltà e gli Atenei c’è la tradizione di scrivere i ringraziamenti personali in fondo alla tesi: si tratta di una/due paginette dove il laureato, in maniera più o meno formale, nomina e ringrazia prima di tutto i Relatori, e poi le persone della sua vita. C’è chi scrive “ringrazio amici e famiglia” ed in mezza pagina si sbriga la cosa, e chi è un po’ più sentimentale ed aggiunge volentieri aneddoti e frasi che strapperanno più di una lacrimuccia in amici e parenti. Io appartengo alla seconda categoria, anzi, credo sia una bellissima tradizione. È giustissimo che sia data la possibilità di mettere qualcosa di personale fra studi sperimentali, grafici e pallosità varie.

Ringrazio…

Va da sé che la tesi non è il diario segreto e non si può pensare di citare TUTTE le persone, gli animali ma soprattutto le cose e le situazioni che nel corso di una carriera universitaria si arriva più e più volte a ringraziare. Siamo studenti fuori sede, il che significa che campiamo di pasta al tonno e riso in bianco quando si avvicina la fine del mese e il portafoglio piange. Diciamocelo, non sta bene ringraziare il tonno o il riso in fondo alla tesi. È brutto. Mi sciupa tutta la professionalità delle pagine precedenti, suvvia.

Essere fuori sede significa anche che ci divertiamo con poche lire in tasca e ci basta stare insieme a giocare a Taboo per risolvere in sguaiate risate un anonimo mercoledì sera. Nella mia tesi avrei voluto ringraziare quei mercoledì sera, non necessariamente passati a giocare a Taboo, ma svoltati in qualche maniera grazie a una pizza, un film, una serie di video idioti o una cena di quelle buone ed ipercaloriche. Ma non si può in quella sede, per cui lo dico adesso: grazie alle torte salate col 95% di colesterolo del mercoledì sera, et similia. E, poiché siamo una generazione di sbandati nonché bruttissime persone, ci sentiremmo probabilmente di ringraziare gli spritz del sabato sera, le birre del giovedì, le volte in cui abbiamo esagerato con l’alcol ma ci è andata bene e la tequila sociale che non piace a nessuno ma fa tanto “serata devasto”. Doveroso sarebbe citare i nostri epatociti che negli anni universitari risultano sottoposti a innumerevoli momenti di stress ma non ci abbandonano mai, nemmeno all’ultimo giro di cicchetti.

"Grazie a..."

Ma grazie anche a…

Tanti a mio avviso se potessero ringrazierebbero chi gli ha voluto male negli anni di Università, per esempio i peggiori docenti-serpenti aggirati o sconfitti in qualche maniera, anche se sembrava impossibile al momento dell’esame. Quelli tremendi, che quando te ne liberi esci dall’aula facendo il giro dell’atrio tipo Luca Toni quando segna. Il ringraziamento più grande va senz’altro ai migliori amici dello studente fuori sede, che non sono certo i compagni di corso, bensì i signori Ketoprofene, Ibuprofene e Tachipirina Codeina, per gli amici: Oki, Moment e Tachidol. Senza di loro non sarebbe certo stato lo stesso, per cui un bell’inchino ai bei momenti che ci hanno fatto passare. Grazie alle corse disperate verso il bus per arrivare a lezione, alla fila a mensa che ci consente di chiacchierare un po’ ed aggiornarci sulle nostre vite, al giovedì universitario, al solito locale con la solita musica, all’aula studio che è una seconda casa, a tutte le volte che ci siamo ritrovati senza niente da fare ma, non si sa come, abbiamo visto arrivare il mattino.

Sono piccole cose, parentesi, apostrofi, frammenti della nostra vita lontani da casa. Cose che ci piace ricordare ad ogni occasione, sulle quali scappa sempre una risata. Cose che fanno di noi “noi”, perlomeno in questi anni che, credetemi, passano fin troppo velocemente… Quasi quasi vorrei tornare indietro… Ma anche no!

Foto di: woodleywonderworks e Nadia Clabassi

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