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Siete abituati a vedermi fra i ghiacci del nord Europa insieme ai pinguini, in realtà la breve parentesi norvegese è preceduta e seguita dalla mia vera casa da studentessa fuorisede, stranamente sempre la stessa da quando mi sono trasferita a Roma ormai la bellezza di quattro anni fa.

“L’appartamento romano”

L’addio a Via della Cisa, 15

Nel cuore di Città Giardino, distretto “bene” del quartiere Montesacro, in un viottolo parallelo a via Nomentana, ma immerso nel verde ed in un magico silenzio, scelsi l’interno 9 a primo colpo: fu l’unico appartamento che visitai. Azzardato, direste. Ma proprio il discutibile arredamento belle epoque (carta da parati damascata in vellutino e un’immensa meravigliosa libreria piena di volumi) che col tempo conquistò tutti i visitatori, la rendeva accogliente. Non sembrava affatto una casa per studenti, di quelle coi calcinacci colati e le calamite sul frigo. Quelle avremmo dovuto mettercele noi: infatti, non era mai stata affittata prima.
Mi guardo intorno adesso, ora che ogni angolo nasconde un segreto, richiama un ricordo, ha una scheggiatura, un segno di penna, un’ammaccatura…

Cronologia dei coinquilini (di merda)

L’addio a Via della Cisa, 15

In quattro anni ho abitato tre stanze su quattro, cambiandole regolarmente per vari motivi, e…ne ho viste di ogni. Non mi sono mai spostata, (tranne per andare in Erasmus, appunto) cosa che mi ha investita di un potere organizzativo ed una certa autorevolezza che non avrei mai voluto. “Il pilastro” un po’ inquietante per le coinquiline che sono cambiate tutti gli anni, quando è andata bene. Bello, direte. La gente normale si diverte prima in casa poi fuori perché tendenzialmente vive con studenti fuori sede uguali a lui, con le stesse esigenze, gli stessi tempi e desideri. Io, invece, ho condiviso i miei spazi con dei veri e propri casi umani che voglio assolutamente condividere con voi, anche se mi brucio materiale da bestseller!

  1. La ex-compagna del liceo: quando ti accorgi che essere in classe insieme e convivere non è esattamente la stessa cosa. Un avvertimento per tutti coloro che stessero per trasferirsi in una nuova città per studiare fuori: non fatelo! E’ normale, anzi scontato cercare di appoggiarsi a chi si conosce già, ma dev’essere un rapporto già collaudato. In generale l’amicizia e la convivenza sono due cose diverse: da coinquiline si può diventare amiche, ma non tutte le amiche coinquiline vanno d’accordo come ci si aspetterebbe. Soprattutto se, quando ancora non eravamo in grado di fare neanche la lavatrice, questa persona decide di aggiungere un componente in casa, un adorabile cucciolo di gatto. Divertente, per carità. Il migliore diversivo a quando non hai voglia di studiare. Ma quando riempie la casa di pelo o mangia la tua carne scongelata e si accoccola sul tappeto del bagno, beh…ti incazzi. Discutere con una persona che già si conosce è complicato il doppio: come fare per criticare senza ferire? “Ma siamo amiche, come può darti fastidio questo?” Nel mio caso, poi, come si dice a Roma, questa amica/compagna/coinquilina s’accollava un casino: fondamentalmente viveva la mia vita sociale. Il che mi faceva molto piacere, fino a quando non ha spezzato il cuore di uno dei miei più cari amici cornificandolo in segreto. Insomma, una tragedia che ha rischiato di diventare un caso da tg, e “il delitto di via della Cisa” suonava pure bene. Urla, litigi continui, separazione in casa, schieramenti opposti e contrari con le altre coinquiline, regali reciproci abbandonati dietro la porta al giorno tanto atteso della partenza: fu come rompere con un fidanzato.
  2. La Clio make-up ante litteram: ebbene, quella di Real Time aveva un predecessore più sfigato, e viveva qui. Una ragazza di Bergamo, iscritta ad Arti e Scienze dello Spettacolo dopo 3 anni in Bocconi. E già ti fai due domande. Però vabbè, dai-che figo-segue le sue vere passioni, ha avuto coraggio. Frequentò l’università per una settimana poi si chiuse in camera, ordinando perfino la spesa da internet. Non era un’hacker, non una nerd, era semplicemente un’aspirante make-up artist che passava le giornate a fare i tutorial di trucco senza mettere il naso fuori dalla porta neppure per andare a comprare la carta igienica.
  3. La donna in carriera: affermato (?) avvocato calabrese oltre i 30 che strillava al telefono tutto il santo giorno. Questo cellulare con una suoneria indimenticabile (“Cocorito cocorito”, famoso ballo di gruppo della nostra infanzia!) squillava puntualmente ogni volta che lei decideva di cucinare, così abbandonava sul gas a bruciarsi praticamente tutti i suoi pranzi e cene regalandoci una fantastica fragranza. Le pentole che devastava non le lavava né le ricomprava.
  4. La matta in soffitta: per questo elemento avremmo seriamente riaperto i manicomi. 27enne appena laureata alla sua prima esperienza lavorativa, mobbizzata e insoddisfacente, of course. Sembrava una ragazza normalissima: ci guardammo perfino un film insieme, una sera. Poi, durante una sessione di pulizie, io e un’altra delle coinquiline (con cui andavo d’accordo!) ritenemmo opportuno di cestinare una patata marcia colma di radici, pensando che fosse chissà di quale epoca. Ritrovammo un papiello di 25 righe di insulti, appeso sul frigo, in cui ci intimava a non toccare le cose altrui, perché “c’è gente che lavora, che non si può comprare tutto quello che vuole, che riconosce il valore delle cose”. Vivevamo insieme da due settimane. Capimmo che non ci sarebbe stato futuro né civiltà. Insomma, una frustrata che maltrattava il suo povero ragazzo zerbino e si asciugava i panni bagnati appendendoli nell’armadio, cosa che ha distrutto di umidità la stanza che ha occupato per sei mesi.
  5. La madre immaginaria: una tamarra nata e cresciuta a Roma, quindi perché affittarsi una casa con altre ragazze, visti i prezzi? E soprattutto perché farlo se dopo un mese ti inventi di essere incinta del tuo ex-ragazzo stronzo pur di andartene? “A casa vostra ci manca soltanto u’creatur’” disse in maniera sacrosanta – e in dialetto! – la mamma di una di noi.
  6. La ghost-writer: una vera chicca. Ultratrentenne sull’orlo dell’anoressia, fumatrice incallita di almeno 40 centos al giorno, sepolta nella sua stanza a tapparelle abbassate anche nelle più splendide giornate di sole, ma soprattutto inspiegabilmente tornata da Los Angeles dopo una laurea in cinema presa in California. Preferì Roma, il precariato e gli intrallazzi del torbido mondo della produzione italiana. Ci parlava, ma non siamo mai riuscite a distinguere quando stava inventando un film e quando diceva la verità. Brivido.
  7. Le straniere inacidite: le Erasmus più chiuse della storia. Awesome, I’m so international, so open-minded! Ritrovartele dopo essere tornata, poi, pareva un regalo. Ma la maleducazione non conosce passaporto. Occupazione coatta degli spazi comuni con ospiti che dormono sul divano per una settimana e senza preavviso, festini, pranzi che si trasformano in cene, sessioni di tè che si trasformano in aperitivi, senza consultare chi cercava di studiare o scrivere una tesi, ma soprattutto senza invitarci a partecipare. Le povere coinquiline italiane che speravano di viaggiare pur restando a casa, ebbero il ruolo limitato di ufficio informazioni: dove devo andare per andare dove devo andare. Corso di italiano accelerato quando serve, due chiacchiere sullo stretto indispensabile quando sono di luna buona.

Poi, se volete, faccio un post sulle tipologie straordinarie delle convivenze che si sono trasformate in amicizie indissolubili, vi elenco le avventure ridicole vissute con chi ha colmato ogni mancanza e ha reso questo posto la mia nuova casa che adesso mi pesa seriamente lasciare.

Ma, ammettiamolo, i coinquilini di merda, come conferma la recente pagina Facebook di grande successo, sono più divertenti…una volta andati via! Quali sono stati i vostri? Raccontatecelo!


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