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Avvertenza: questa storia vi farà venire voglia di studiare nel bel mezzo della sessione estiva che stavate appunto detestando.

Pensiamo sempre a dove andare, dove spostarci, specie adesso che starete programmando le vacanze estive, o magari qualche campo di volontariato in cui sentirvi utili. Qualsiasi viaggio comprende un programma. Il piano può modificarsi, l’esperienza può cambiarti la vita… Ma quando è il viaggio di qualcun altro ad incrociare la tua quotidianità, tutto si stravolge dall’oggi al domani, come una malattia. E invece porta la bellezza di una buona notizia. Sono quelle famose cose che capitano mentre sei impegnato a fare altro, e ti portano delle risposte, fanno chiarezza nelle tue nebulose.

In carne ed ossa, non in tv

Ci sono 43 ragazzi, sbarcati sulle coste di Taranto nei giorni scorsi, dopo due anni di viaggio, fino all’ultima traversata del mare che, per fortuna, li ha portati sani e salvi in Italia, terra di speranze (chi l’avrebbe mai detto). Vengono dal Gambia, dal Marocco, dal Senegal, dalla Nigeria, dal Mali. Sono tutti minori non accompagnati, e vengono tenuti (brutto termine, ma è esattamente quello che succede dato che non sono liberi di allontanarsi dalla struttura per ovvi motivi di sicurezza) nelle aule di un asilo appena chiuso per la fine dell’anno scolastico, dai cui tetti ancora pendono i cartoncini colorati allestiti per la festa della mamma. L’asilo si chiama Baby Club, ma loro sono quasi adulti, quindicenni, sedicenni, diciassettenni intrappolati in corpi di uomini, alti e sbilanciati come tutti gli adolescenti del mondo.

E se l'Africa viene a trovarti?

#LaTarantoMIgliore: una gestione volontaria dell’emergenza

Quando arrivano bisogna soddisfare le loro necessità primarie: sfamarli, lavarli, curarli. E poi, consolarli. Per farlo, in assenza di organizzazioni nazionali e personale competente (no educatori, no psicologi), un vero e proprio esercito di volontari si coordina (non solo in un gruppo Facebook, ma anche in carne ed ossa) per allietare, se possibile, le giornate di questi 43 africani, in attesa di capire quale sarà la loro prossima meta.
Rivolgere ogni giorno i miei passi verso il Baby Club di via Campania non è una scelta, né una missione, ma un’esigenza. Loro potrebbero fare a meno di me – perché nel giro di una settimana il gruppo dei volontari/animatori è talmente ampio che siamo costretti a fare dei turni – ma io non posso fare a meno di loro. È iniziata per gioco, una sera, quattro chiacchiere in inglese e il permesso di mandare un sms a casa, per i più fortunati che si sono lasciati indietro qualcuno. Il primo che incontro è Lamin, che è arrivato in Italia per studiare. “Sono troppo piccolo per lavorare. Voglio andare all’università, voglio essere in grado, un giorno, di esprimere le mie idee, di scrivere”
BUM. Lui di bombe ne ha viste e schivate, bombe vere, ma dentro di te ne è appena deflagrata una altrettanto potente. Come possiamo esserci lamentati per anni di quello che, in realtà, è un privilegio?

E se l'Africa viene a trovarti?

“Io voglio imparare l’italiano”

Non è il primo insegnamento che Lamin e i suoi compagni mi impartiranno, per quanto si divertano a chiamarmi “maestra”. Infatti, altrettanto per gioco, una mattina abbiamo preso un cartellone e trascritto frasi minime di sopravvivenza, tradotte dall’inglese, dal francese, dall’arabo. Ciao-come stai-ho fame-ho sete-sono malato. I cartelloni da uno diventeranno almeno venti, alcuni riportano le loro stesse lingue, in questo scambio interculturale che non stabilisce gerarchie, ma amicizie. Da una risma di fogli e qualche pennarello, oggi ognuno ha il proprio quaderno e la propria penna, e non siamo noi ad imbastire la lezione, ma loro a chiederci di insegnargli, di seguirli. Sheikh l’altra sera era l’unico a non guardare Germania-Portogallo. Se ne stava di fronte ad uno dei cartelloni, a studiare. “Devo imparare, devo imparare in fretta”. Gli ho proposto di studiare un po’ insieme, ed è stato lui a scegliere il metodo di apprendimento guidandomi da un verbo all’altro, da un soggetto a un complemento fino ad assegnarsi i compiti da solo: cercare di formulare delle frasi complete con gli elementi che avevamo appreso. “Prima però mi serve che tu mi dica subito una frase. Perché è una risposta che voglio dare se me la chiedono. I want to live in Taranto because people here is good. Voglio vivere a Taranto perché qui la gente è buona. La scriviamo, con relativo mio tuffo al cuore, lui è soddisfatto, vede i suoi stessi progressi, dice che ormai abbiamo fatto un patto, sono la sua maestra, e dobbiamo studiare un po’ ogni giorno così potrà dire di parlare italiano. Dopo un’ora di esercizi sono io a chiedere una pausa, ma lui continua, imperterrito, instancabile. Abdoulai, per esempio, ripete sempre tutto quello che ha scritto sul quaderno prima di andare a dormire, come se le nozioni si imprimessero meglio in mente quando chiude gli occhi (e magari è un metodo che usate anche voi, non è vero?)

Fra qualche sogno, i più svegli continuano ad interrogarsi sul futuro e si chiedono cosa ci sarà oltre i cancelli del BabyClub da cui tanto vorrebbero uscire, solo per passeggiare tutti insieme intorno alla città di cui si sono innamorati solo per la bontà della gente che li ha accolti.

Il loro viaggio deve continuare, infatti, mentre scrivo questo articolo, altri 19 minori sono arrivati al Baby Club, fra i 1205 sbarcati nella notte del 16 giugno dalla seconda Nave San Giorgio attraccata al Porto San Cataldo. Bisogna lasciare spazio agli altri, così Sheikh ed altri vengono spostati in una casa famiglia.

E se l'Africa viene a trovarti?

…E SE INSEGNASSI ITALIANO AGLI STRANIERI?

E mentre fra i volontari cominciamo ad interrogarci sulla potenza della campana di vetro che abbiamo saputo costruire e che piano piano dovremo rompere, io ho un punto di domanda altrettanto gigante sulla mia strada, dal prossimo settembre in poi. E nel marasma dell’indecisione, seguendo la naturalezza che mi ha portata ad insegnargli la mia madrelingua, ma soprattutto la magia nel riuscirci pur non avendoci mai provato prima, ho pensato che non sarebbe male studiare per diventare un’insegnante di italiano L2 per gli stranieri.

Così ho fatto qualche ricerca che volevo condividere con chi avrebbe questo mio stesso interesse…nel prossimo articolo 😉

E se l'Africa viene a trovarti?


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