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“Che pensi ora? Non ancora senti nostalgia di noi, il desiderio di vedere la patria, di rivedere gli amici? Sono certo che non possa avvenire diversamente. Ma non c’è pungolo maggiore che quello della virtù. Questo spinge l’animo generoso per tante difficoltà e non gli consente di star fermo, né di guardarsi indietro e lo induce a dimenticarsi non solo dei piaceri, ma delle persone care e degli affetti, a volere altro.”Francesco Petrarca

Su questa citazione di Petrarca mi sarò giocata la metà dei presunti lettori di questo post, ma mai furono pronunciate parole più adatte per descrivere il distacco che improvvisamente avevamo raggiunto dalle nostre personali realtà avendone ormai creata una nuova che assumeva le proprie forme. Lo sciogliersi della neve aveva scoperto le strade, facendo riemergere i disegni delle piazze, i colori dei tetti, le sembianze delle statue. Così avevo detto stop allo streaming nostalgico per seguire le notizie dall’Italia e spento la scheda SIM italiana. Chiamavo i miei su skype una volta alla settimana, li informavo sulla mia salute con rapidi messaggi targati +47 (il prefisso norvegese).  Non avevo tempo, dovevo uscire…dal letargo!

Era tempo di lasciare Uglebo, il piccolo caffé dell’università letteralmente sepolto sotto la facoltà di Scienze Umanistiche, quindi senza finestre, ma tanto era buio anche fuori. Ottima musica, acqua calda gratuita di cui riempivamo le nostre fighissime tazze thermos e bevevamo litri e litri di té accompagnandoli con tonnellate di waffles a 10kr (1,20€), cialde fragranti con ottima marmellata ai frutti di bosco e panna montata (o “brown cheese”, formaggio tipico…al caramello. Disgustoso! Clicca sulla foto per ingrandirla!)

Il waffle di Uglebo

Il waffle di Uglebo

 

Il disgelo si era palesato in tutto il suo splendore nei luoghi che avevamo potuto vivere poco durante l’inverno e che eppure ci erano diventati cari, erano stati teatro di eventi importanti, sketch da panico, semplici frettolosissime passeggiate. Ve li voglio elencare, così da darvi non solo l’ennesimo pezzo di cuore, ma anche una piccola guida di una città finalmente da vivere all’aria aperta.

#1 Sognsvann

Numero 1 di nome e di fatto. È il lago a ridosso dello studentato di Kringsja, da lì facilmente raggiungibile a piedi, diversamente la linea 3 della metropolitana porta quasi in acqua. Uno specchio relativamente grosso, circondato da un ampio parco e più in là la foresta. A febbraio non sapevamo dove iniziasse e dove finisse, potevamo camminarci su, farci l’angelo di neve, e neppure raggiungevamo il ghiaccio. Il primo barbecue di fine marzo ci svelò lentamente i suoi contorni, quando per metà era ancora congelato. Poi esplose nel verde e nella trasparenza più totale, perfetta per riflettere meravigliosi tramonti. Anatroccole grassocce ci sguazzavano dentro e si avvicinavano a noi senza aver paura, che piuttosto temevamo gli strani gabbiani dagli occhi vispi e il becco nero. Noi che andavamo lì per camminare, per studiare, per sederci sugli scogli a meditare, a fare il bagno di notte completamente ubriachi (epico), ad organizzare le feste d’addio e radunare TUTTI gli Erasmus del semestre intorno ad un enorme falò.

La grande festa d'addio a Sognsvann

La grande festa d’addio a Sognsvann

#2 Vigelandsparken

Il mio posto preferito, a parimerito col precedente. Il bellissimo quanto famosissimo parco occupato dalle statue degli uomini attorcigliati e addossati uno sull’altro dello scultore Gustav Vigeland (da qui il nome). Ho sempre avvertito un’atmosfera magica. Innanzitutto, ammirando i capolavori quasi viventi di Vigeland si ha modo di toccare con mano un lato fondamentale della cultura norvegese: il valore della famiglia, l’amore, non solo quello fra uomo e donna, ma soprattutto quello fra genitori e figli. Abbiamo tutti sfiorato il piedino del bimbo piangnucolone porta fortuna, circondato dagli altri personaggi che si abbracciano, si inseguono, si ammirano. I corpi si attorcigliano fra loro ma non per sovrastarsi, sono belli proprio perché non seguono nessun canone, e attraverso gli spiragli che lasciano ho spesso osservato sprazzi di cielo dalle tonalità divine.

Vigelandsparken

Vigelandsparken

#3 Karl Johans Gate

La strada principale che spacca in due il centro di Oslo, dalla stazione ferroviaria alla residenza reale. Ha accolto le nostre ristrettissime sessioni di shopping, ospitato i festeggiamenti nazionali del 17 maggio, esplodendo di bandiere rosse bianche e blu e di fierissimi norvegesi che indossavano i costumi tradizionali, per confermare il legame genuinamente patriottico con la loro patria. Una festa dei cittadini, prima che dello Stato: un’esperienza unica, neanche lontanamente paragonabile al nostro 25 aprile o 2 giugno, con tutto il dovuto rispetto.

Stemperiamo: Karl Johans l’abbiamo consumata, letteralmente, fino a sdraiarcisi sopra, stese al centro di essa alle 4 di notte, quella in cui decidemmo di restare svegli in giro per la città dopo una notte in discoteca.

La festa nazionale del 17 maggio

La festa nazionale del 17 maggio

#4 Aker Brygge

Il porto di Oslo che ne ritrae il profilo da cartolina, quello sul municipio e il suo orologio che nella notte del 24 giugno, solstizio d’estate, ha scoccato la mezzanotte col sole ancora a metà dell’orizzonte. Il vento lo rendeva inaccessibile, poi spesso lo frequentammo per salpare, approdare e passeggiare la domenica pomeriggio ammirando l’alta società oslovita che si concedeva sontuosi aperitivi in barca.

Aker Brygge

Aker Brygge

#5 The Opera House

La parte nuova di Oslo spezzata dal profilo glaciale dell’Opera con il suo edificio di vetro. Un iceberg artificiale che si affaccia in mare aperto: metafora di una fragilità solo apparente.

…vi è piaciuto questo rapidissimo giretto? E il viaggio più lungo che vi accompagna da qualche mese? Il racconto… è quasi finito. Toccherebbe a voi testare e continuare!

Non perdetevi l’ultima tappa la prossima settimana!

Opera House

Opera House


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