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Già è noto il fatto che gli Usa siano un calderone di forti contraddizioni e paradossi. In un miscuglio così eterogeneo di tradizioni, esperienze e culture, è impossibile aspettarsi una lineare coerenza e, infatti, in America si passa spesso molto rapidamente da picchi di grandi innovazioni a clamorose ricadute nel passato. A detta di molti, negli Usa c’è un profondo zoccolo duro di bigottismo che ancora si fa sentire e non solo nelle generazioni più mature.

Shakespeare? Da censurare!

In numerosi college americani Shakespeare e Twain sono stati marchiati come degli scrittori pericolosi, da affrontare solo se preventivamente etichettati per le tematiche delicate che contengono: nel caso di Shakespeare, per Il Mercante di Venezia, l’antisemitismo, nel caso di Mark Twain, per Le Avventure di Huckleberry Finn, il razzismo. La lista dei libri a rischio è lunga. Troviamo Mrs. Dalloway di Virginia Woolf, perché inviterebbe al suicidio e anche Il Grande Gatsby di Francis Fitzgerald, perché legato al sessismo.

La cultura DEVE provocare

Quasi verrebbe da esclamare: “Ecco, i soliti professori accademici e chiusi che cercano di incatenare la creatività dei più giovani!”, ma, in verità, questa proposta di censura preventiva arriva dagli studenti stessi e, per questa volta, a indignarsi sono proprio i professori. I veri insegnanti ben sanno che essere provocatori fa parte dei loro compiti e che la cultura, anche quella più vivace e conturbante che può provenire dai libri, mai deve sottostare alle paure e alle barriere della mente, ma deve sfidarle. L’istruzione non può accontentare il desiderio irrazionale di occultare delle verità scomode o degli argomenti delicati. Che cosa propongono questi studenti? Vorrebbero imporre ai testi scolastici più controversi e ambigui delle etichette di segnalazione, per mettere in guardia i lettori.

Quel gran calderone che è l’America

In guardia da che cosa, di grazia?

Presso il Wellesley College, nel Massachusetts, centinaia di studenti hanno firmato una petizione per far rimuovere la statua realistica di un uomo in mutande, perché la scultura risultava potenzialmente oscena, con il rischio che potesse innescare in alcuni studenti ricordi di violenze sessuali. La censura anche dei testi scolastici, quindi, nasce principalmente dal tentativo di eliminare ogni possibile riferimento alla sessualità, alle questioni di genere, al razzismo e alla violenza, per proteggere i giovani più sensibili o affetti da disturbi da stress post traumatici.

Quel pasticciaccio brutto del politically correct

La verità è che, per una questione di forte chiusura mentale e di paura della realtà, nel 2014 si sta accusando Shakespeare di aver scritto delle opere antisemite e, quindi, disturbanti. La faccenda del politically correct, certamente sensata in molti casi, rischia se travisata di diventare un’arma a doppio taglio, usata per tutelare i giovani studenti da verità troppo complesse o equivocabili, che possano urtare certe sensibilità. Però, esiste una bella differenza tra il limitarsi a fornire dei paraocchi, con il pericolo di manipolare e distruggere la cultura, e il mettersi completamente in gioco, accettando di lasciarsi incuriosire, emozionare, stimolare e a volte, perché no, anche indignare da tutte le sfumature del sapere.

Si chiudono le porte, rimangono aperti i portoni

La letteratura è figlia del suo tempo e non possiamo pretendere da opere del secolo scorso un’attenzione a certi temi delicati che è propria della nostra contemporaneità. Qui parliamo di testi di una certa età, di grandi classici del passato. accusare Mark Twain e il suo Huckleberry Finn del 1884 di razzismo, quando neanche ci si poneva ancora la questione dell’uguaglianza, è quantomeno sterile e sintomo di un morboso attaccamento al politically correct. D’altra parte, è un tipo di censura fallimentare proprio per questo anacronismo: si proteggeranno gli studenti dal presunto sessismo del Grande Gatsby, ma poi chi li proteggerà dal mondo vero, dai libri più attuali, dalle violenze della televisione o di internet? La realtà non può essere etichettata o censurata ed è molto più politically incorrect di tutte le opere in questione messe insieme. Tanto vale sapere come affrontarla.

Quel gran calderone che è l’America


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