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Ogni tanto le cose belle succedono. E’ di pochi giorni fa la sentenza del giudice Laura Curcio del tribunale di Milano, che ha dato ragione ad un dipendente che aveva deciso di citare il gruppo americano Abercrombie&Fitch dopo il suo licenziamento.

Strane flessibilità

Il ragazzo era stato assunto nel 2010 con un contratto a chiamata, che prevede meno obblighi e permette una maggiore flessibilità per il datore di lavoro. Ma in realtà l’orario lavorativo richiesto dall’azienda, di fatto, era quello di un part-time a tempo determinato, ma senza le stesse tutele. Il primo contratto a chiamata, che doveva durare solo quattro mesi, è stato poi prorogato fino alla fine di dicembre 2011 e, come previsto dalla legge, è stato trasformato in un indeterminato il primo gennaio 2012.

Ed ecco il licenziamento: 25 anni? Troppo vecchio per stare qui

Peccato che pochi mesi dopo, in agosto, il ragazzo sia stato licenziato di nuovo. La motivazione? Aveva raggiunto il venticinquesimo anno di età e non rientrava più nei parametri della legge Biagi. La legge Biagi è una legge entrata in vigore nel 2003 e che prende il nome dal professore ucciso dalle Brigate rosse. E’ uno sviluppo della precedente legge Treu, che aveva liberalizzato il mercato del lavoro introducendo apprendistato, lavoro intermittente, a progetto e occasionale. Norme necessarie, ma che oggi, in tempi di crisi di assunzioni, spesso finiscono per essere usate impropriamente a vantaggio del datore di lavoro. Tra le varie norme infatti è prevista anche la possibilità di assumere a chiamata i disoccupati di età minore di 25 anni o maggiore di 45 anni. Le condizioni sono più svantaggiose, ma permettono loro di rientrare nel mondo del lavoro più facilmente. Nel caso di Abercrombie il ragazzo era stato assunto e poi licenziato solo in funzione della sua età anagrafica. Appena raggiunta l’età in cui il datore per legge avrebbe dovuto stipulargli un contratto più favorevole è stato quindi licenziato.

Abercrombie&Fitch: la rivincita dei giovani precari

La condanna del tribunale: il ragazzo deve essere riassunto

Oggi il giovane dipendente ha 27 anni compiuti, ma finalmente è riuscito far valere la propria posizione lavorativa. Non solo lo shop milanese sarà obbligato a riassumerlo, ma dovrà anche pagare 14.450 euro di danni. Ma non è ancora detta l’ultima parola: il suo ricorso era stato respinto in primo grado ed ora i legali della marca americana vorrebbero portarlo in cassazione. Il problema di Abercrombie&Fitch non è solo italiano: anche negli Stati Uniti il gruppo sta avendo qualche problema a causa delle sue strategie di management aggressive. Come riporta fashionmagazine.it, il gruppo ha subito un calo di popolarità che in un solo anno ha portato una diminuzione degli utili dell’80%.

La sentenza italiana è dunque in questo senso esemplare. Come fa notare il legale Alberto Guariso, la condanna non vuole condannare solo l’azienda di abbigliamento, ma affermare che “tutte le forme di riduzioni di tutela legate alla giovane età di un lavoratore non sono ammissibili”. L’abitudine di applicare automaticamente ai giovani un contratto più svantaggioso deve smettere.

Foto di: geralt

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