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Quante ore sono passate dal 6 aprile 2009. Tantissime. Per chi ha perso una persona cara, lì in mezzo a quelle macerie desolate, le ore probabilmente non si contano neanche. Si prova un senso di lontananza, di dolorosa rassegnazione, di incredibile tristezza.

Ci siamo già occupati in questo blog, del crollo della Casa dello Studente, che sorgeva all’Aquila fino alla primavera del 2009. Sono stata in quel luogo del silenzio per una giornata intera, cercando di capire che cosa fosse la vita studentesca all’interno di quelle mura che oggi sembra di carta, sgretolate.

Nella notte che ha cambiato volto al capoluogo abruzzese, nella Casa dello Studente hanno perso la vita otto giovani ragazzi: Luca Lunari, Marco Alviani, Luciana Capuano, Davide Centofanti, Angela Cruciano, Francesco Esposito, Hussein Hamade, Alessio Di Simone. Uno di loro era padre di una bambina di sette mesi. Quest’anno, questa bambina compirà quattro anni.

Otto ragazzi, con storie come tanti: otto persone normali, con i dubbi e le perplessità che si affacciano ogni giorno sulla vita universitaria. Otto storie, otto vite. Spezzate nel crollo di una Casa, di uno “studentato”, che avrebbe dovuto offrire sicurezza, e all’interno del quale era possibile alloggiare soltanto con borse di studio. Un po’ come se il motto fosse: “vuoi vivere qui? te lo devi meritare”. E invece, il merito in questa storia non c’entra proprio niente.

C’entra forse la negligenza, come al solito, contro la quale in Italia ci si deve scontrare.

La sentenza

L’Aquila: la sentenza sul crollo della Casa dello Studente

E’ notizia proprio di questi giorni che sono piovute condanne da quattro a due anni e sei mesi, per omicidio plurimo e lesioni; e un risarcimento danni per i parenti delle vittime. Circa 2 milioni di euro.

A quattro anni di reclusione sono stati condannati Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rossicone, tecnici autori dei lavori di restauro del 2000 che, secondo l’accusa, avrebbero ulteriormente indebolito il palazzo, che già presentava vizi costruttivi all’epoca della sua edificazione negli anni ’60. A due anni e sei mesi è stato condannato Pietro Sebastiani, tecnico dell’azienda per il diritto agli studi universitari.  

La Casa dello studente è crollata non solo per la furia del terremoto, ma soprattutto per la carente progettazione e modalità di realizzazione di una struttura costruita nel ’65. Inoltre i carichi verticali, aumentati nel corso della ristrutturazione del 2000 non collaudata dal tecnico dell’azienda per il diritto allo studio dell’Aquila Pietro Sebastiani, hanno aggravato la situazione architettonica dell’edificio.

Resta davvero poco altro da aggiungere. Forse serve solo silenzio.


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